05 luglio 2011

La Coscienza come transito evoluzionistico

In Mente e materia Schrödinger nota che la sopravvivenza degli esseri viventi, non solo umani, è legata all'apprendimento per ripetizione, e il controllo di nuovi processi diviene gradatamente inconscio con il consolidarsi della pratica, come mostrano innumerevoli esempi quotidiani, dal leggere e scrivere alla guida automobilistica. La presenza, sia ontogenetica (nell'individuo) che filogenetica (nella specie), della coscienza si può allora interpretare come un sintomo del fatto che l'apprendimento è ancora in corso e che non si è ancora raggiunto il perfetto controllo automatico della conoscenza necessaria per la sopravvivenza. 

In particolare, la tensione fra le pulsioni personali («io voglio») e i doveri sociali («tu devi») dimostrerebbe che l'uomo si trova in mezzo a un guado evolutivo: egli sta ancora trasformandosi da un primitivo essere individualista a un superiore essere sociale, e solo a trasformazione completata diverrà parte di un organismo che potrà dirigerlo senza più richiedere la sua partecipazione cosciente (come già succede, ad esempio, per le api e le formiche). 

In altre parole, la coscienza può essere considerata il marchio d'infamia di un'evoluzione ancora imperfetta e in divenire, più che la medaglia al valore di un'evoluzione superiore e completata. Da questa prospettiva, la vita organica incosciente, ad esempio delle piante e degli animali, sarebbe addirittura a un livello di sviluppo evolutivo maggiore di quella dell'uomo. 

Procedendo per analogia, si può dedurre ancora una volta che la plasticità della mente è il segnale che la sua evoluzione è appena iniziata e che essa si trova ancora allo stato primordiale del protozoo: il suo stato normale è amorfo, e attraverso l'attenzione essa può configurarsi momentaneamente in strutture instabili, 
che presto si dissolvono. 

Dal vangelo secondo la scienza di p. Odifreddi

Nessun commento: